Special Olympics al via con 7000 atleti in gara
Special Olympics al via con 7000 atleti in gara
ABU DHABI. Ci sarà Lorenzo, che ha 20 anni e in Sardegna sta concludendo il liceo scientifico. Studio, calcio e ginnastica artistica prima di tornare a casa, quella nuova, con amici e operatori, Mamma e papà stanno nella loro. Perché Lorenzo è nato con sindrome di Down e sta iniziando un nuovo percorso di autonomia. Anche attraverso lo sport. Oggi è ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, dove si svolge la Cerimonia di apertura di uno dei grandi eventi sportivi del 2019, i Giochi Mondiali di Special Olympics, movimento internazionale che organizza attività sportiva per persone con disabilità intellettiva relazionale. Lorenzo è uno dei 115 atleti con e senza disabilità della delegazione italiana, composta in totale da 157 persone.
STUPIRE. I Giochi Mondiali di SO sanno sempre stupire, non soltanto per i numeri straordinari: 7000 atleti con le loro famiglie da 170 Paesi, 2500 tecnici, 20.000 volontari, 24 discipline sportive: calcio, badminton, pallacanestro, beach volley, bocce, pallamano, tennis tavolo, tennis, pallavolo, atletica, ciclismo, kayak, nuoto, pattinaggio a rotelle, vela, nuoto, triathlon, equitazione, judo, ginnastica artistica e ritmica, bowling, golf e sollevamento pesi. Si chiuderanno il 21 (previsti servizi su RaiSport) e si attendono 500mila spettatori. Sono il momento centrale dell'attività di un'organizzazione che ha da poco superato i 50 anni (il battesimo nel 1968 a Chicago), nata dalla intuizione e dalle possibilità di Eunice Kennedy. Il presidente mondiale è suo figlio, Tim Shriver, quello italiano Angelo Moratti.
VERONICA. Una delle bandiere di Special Olympics è quella dello sport unificato, che fa giocare insieme atleti con e senza disabilità. Sara Capone fa parte degli atleti partner: «Un'opportunità per capire che l'inclusione di persone con disabilità intellettive dipende solo da una società che non emargina». Veronica Paccagnella, 17 anni, parteciperà nella ginnastica: «Da piccola dicevo di essere 'ammalata' di sindrome di Down. Mamma mi ha spiegato che non è una malattia, ma una condizione genetica e posso raggiungere anche grandi risultati. Lo sport è stato un aiuto. Essere ai Giochi e rappresentare il mio Paese è un sogno».
di Claudio Arrigoni